Gianguido Palumbo
Favole senza Età
per
Banziani Ambini
EDIZIONI
ADHOC
ROMA
2006
INDICE
Prefazione da
Italo Calvino “Lezioni Americane” 1985
1.
Una
fetta di casa
( NewYork )
2.
Baobab e Toubab
( Dakar )
3.
Il
Luccio e la Carpa
( Belgrado )
4.
Montagnamare
( Cefalù )
5.
Isola
e Nuvola
(
Favignana )
6.
Figlia del Vento
( Pantelleria)
7.
Gabbiano
Gatto Pesce ( Venezia )
8.
Il
Pino e la Palma
( Roma )
9.
Il
Cortile del Mondo
( Bologna )
10.La
Terrazza sospesa ( Parigi
)
Da
Rapidità
Italo Calvino
Lezioni Americane 1985
“Già
dalla mia giovinezza ho scelto come mio motto l’antica
massima latina FESTINA LENTE , affrettati lentamente.
Forse più che le parole e il concetto è stata la
suggestione degli emblemi ad attrarmi. Ricorderete
quello del grande editore umanista Aldo Manuzio( nato
nel Lazio e attivo a Venezia) che su ogni frontespizio
dei suoi libri simboleggiava il motto Festina Lente con
un Delfino che guizza sinuoso attorno ad un Ancora.
L’intensità e la costanza del lavoro intellettuale
sono rappresentate in quell’elegante marchio grafico che
Erasmo da Rotterdam commentò in pagine memorabili.
Ma Delfino e Ancora appartengono ad un mondo omogeneo
d’immagini marine e io ho sempre preferito gli emblemi
che mettono insieme figure incongrue ed enigmatiche come
rebus. Come la Farfalla e il Granchio che illustrano il
motto Festina Lente nella raccolta di emblemi
cinquecenteschi di Paolo Giovio, due forme animali
entrambe bizzarre ed entrambe simmetriche che
stabiliscono tra loro un’inattesa armonia.
Il mio lavoro di scrittore è stato teso fin dagli
inizi ad inseguire il fulminio percorso dei circuiti
mentali che catturano e collegano punti lontani dello
spazio e del tempo. Nella mia predilezione per
l’avventura e la fiaba cercavo sempre l’equivalente di
un’energia interiore, d’un movimento della mente. Ho
puntato sull’immagine e sul movimento che dall’immagine
scaturisce naturalmente, pur sempre sapendo che non si
può parlare d’un risultato letterario finché questa
corrente dell’immaginazione non è diventata parola.
Come per il poeta in versi così per lo scrittore in
prosa, la riuscita sta nella felicità dell’espressione
verbale, che in qualche caso potrà realizzarsi per
folgorazione improvvisa, ma che di regola vuol dire una
paziente ricerca del “mot juste“, della frase in cui
ogni parola è insostituibile, dell’accostamento di suoni
e di concetti più efficace e denso di significato. Sono
convinto che scrivere prosa non dovrebbe essere diverso
dallo scrivere poesia: in entrambi i casi è ricerca
d’un’espressione necessaria, unica, densa, concisa,
memorabile.
E’ difficile mantenere questo tipo di tensione in
opere molto lunghe.
Nella mia predilezione per le forme brevi non faccio che
seguire la vera vocazione della Letteratura Italiana,
povera di romanzieri ma sempre ricca di poeti i quali,
quando scrivono in prosa danno il meglio di sé in testi
in cui il massimo di invenzione e di pensiero è
contenuto in poche pagine. “
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Lettura a Roma-Villa Lante
16 -5-2007
Lettura a Venezia Teatro Via Pasini 24-2-2008
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