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Isola e Nuvola

( Una versione di questa Favola è stata pubblicata nel libro antologico "Il carro di pickipò" Ediesse 2006 )

 

 

Gianguido Palumbo

Isola e Nuvola

 

Favignana

2005

 

E la Nuvola disse all’Isola, passandole sopra :

“ Ma sei sempre lì ? ”

E l’Isola:

“ Ma non stai mai ferma ? “

E la Nuvola:

“ Sono troppo leggera per rimanere ”

E l’Isola:

“ E io troppo pesante per viaggiare ”

 

La Nuvola girava, girava, seguendo i venti e le stagioni e ogni tanto, ogni mese, ogni anno, ogni quando, passava e ripassava sopra l’Isola.

A volte di giorno, a volte di notte, a volte all’alba, a volte al tramonto.

Ogni volta che passava guardava l’Isola Montagna e si scambiavano domande e risposte.

A volte addirittura si toccavano: la Nuvola passava così bassa che sfiorava la parte più alta dell’Isola. Ma era proprio l’Isola che aveva paura di fare del male alla Nuvola e la Nuvola di fare solletico all’Isola. In quei pochi minuti di contatto stavano zitte tutte e due aspettando l’una la reazione dell’altra. Dopo molti passaggi erano diventate amiche.

 

L’Isola aspettava la Nuvola anche per rinfrescarsi un po’.

Quando nella stagione calda la vedeva arrivare nera nera, carica d’acqua,  si preparava ben bene per sentire tutte le gocce di pioggia che cadevano veloci e quelle sì che la facevano ridere. Ma quando era più freddo e l’acqua diventava ghiaccio, grandine, allora l’Isola rischiava di farsi del male e a volte si lamentava.

Un giorno, d’estate, l’Isola era molto triste perché da settimane e settimane il cielo era sempre azzurro di giorno e blu di notte, pieno di stelle, e non si vedeva una nuvola fino all’orizzonte.

Non pioveva da tempo, tutte le piante erano secche, gli animali assetati, gli umani preoccupati.

L’Isola era sola sola, in mezzo al mare sotto un grande cielo terso, arsa e rinsecchita.

Ma verso il tramonto, lontano all’orizzonte, a nord, a poco a poco vide comparire e poi avvicinarsi una piccola macchia bianca nel cielo: forse stava tornando l’amica Nuvola.

Un vento freddo cominciò  improvvisamente a battere e quella macchia bianca si ingrandì e mentre si avvicinava diventava nera, nera, nera: era la Nuvola ?

L’Isola si preparò alla pioggia salutare ma in pochi minuti dal cielo caddero migliaia di pezzettini di ghiaccio che colpirono piante, animali e umani, bucando anche plastiche e lamiere, scalfendo persino qualche roccia della Montagna.

L’Isola rimase in silenzio, dolorante: per settimane e settimane aveva aspettato la Nuvola per rinfrescarsi ma anche per scambiare due parole, per stare in compagnia, perché un’isola senza una nuvola non può stare.

Ma al posto della Nuvola era arrivato un temporale così violento da lasciare tutti attoniti e sofferenti. Erano bastati dieci minuti scatenati per trasformare l’Isola.

 

Il sole era tramontato e col buio il dolore e le ferite facevano più male.

 

L’indomani, all’alba, con il nuovo sole l’Isola si svegliò ancora stordita.

La notte aveva portato via il temporale e il cielo era di nuovo terso. Il ghiaccio si era sciolto e almeno la terra aveva bevuto dopo settimane di sete. Un vento leggero e delicato spingeva da sudest e verso le sette di quella mattina si intravide all’orizzonte un’altra piccola macchia bianca.

L’Isola non sapeva se sperare o temere un altro temporale in arrivo.

Alle otto capì che forse quella sarebbe stata una bella giornata.

Una nuvola bianca, molto simile alla Nuvola che conosceva lei, si stava avvicinando solitaria senza minacce possibili. Ma il vento era molto ma molto leggero e l’Isola dovette aspettare mezzogiorno per sentire di nuovo la voce della sua amica Nuvola:

“ Ma cosa è successo che sei così scura, tutta graffiata e bucherellata, chi è stato a ridurti così ? ”

“ E tu, dimmi tu prima, dove sei stata tutti questi giorni che stavo morendo di sete, di caldo, di noia, sola in mezzo al mare senza neanche un po’ d’ombra, senza una parola di conforto, senza una carezza ? Credevo non saresti più tornata ! Mi hai fatto soffrire, ho avuto paura ! Perché non sei venuta ? ”

E la Nuvola:

“ Mai io non posso decidere da sola dove andare, dove stare, quando e per quanto, non ho un motore, un’elica, un reattore, non ho gambe né zampe, non ho le ali, non ho nulla da fare, non ho bisogni, non ho doveri, non ho progetti: sono una nuvola, un’idrometeora formata da una sospensione di piccolissime gocce d’acqua o particelle di ghiaccio, come dicono i vocabolari. Vado dove mi porta il vento, lenta o veloce, bianca o nera o grigia, bassa o alta nel cielo, illuminata o buia, calda o fredda, mi sposto, cambio forma e posizione.

Mi dispiace tanto averti lasciata sola per un po’ ma non volevo offenderti, non volevo farti male, non volevo abbandonarti.

Sono stata in America, in Cina, in Africa, in Australia, ho visto tanti mari, ho bagnato tante terre e piante e animali ed esseri diversi, ho visto tante isole più grandi e più piccole di te, piatte, alte, verdi, brulle, deserte o piene di gente, piene di animali, buie o illuminate. Ne ho viste proprio tante ma belle come te nessuna. E oggi che finalmente sono di nuovo qua, con te, sopra di te, sto meglio. Mi piace questo mare, questo clima: perché non proviamo a rimanere assieme ? ”

 

L’Isola, che era rimasta più immobile del solito ad ascoltare quelle belle parole, disse:

“ E come ?

Anche a me piacerebbe che tu rimanessi qui almeno per un po’, sarei felice.  Sai anch’ io, stando sempre qui da millenni, ne ho viste tante di nuvole in cielo e di storie di mare e di terra. Cirri, Strati, Cumuli, nuvole grandi e dense, nuvolette presuntuose e sfilacciate, nuvoloni assai cattivi, tetti interi di nuvole che il sole non passava mai, nuvole a pecorelle silenziose, nuvole di tutti i tipi. Ma anche tante storie di mare e di terra, di barche antiche che arrivavano, di muri costruiti, di palazzi elevati, di incendi, di guerre, di re e regine che mi possedevano, di contadini che mi coltivavano e sudavano, di frutti che mi crescevano addosso e di animali che mi rendevano fertile, di esseri umani che mi abitavano, di matrimoni e di riti, di feste e funerali, di luci notturne e suoni e fuochi d’artificio, di navi che passavano scaricavano e caricavano, attraccavano e ripartivano.

Io sono cambiata molto ma solo in superficie, perché la montagna è dura e il mare è fatto d’acqua e sale.

Sono stata sempre qui, ferma, ma il mondo è passato da me e lo conosco bene.

Mi piacerebbe che tu rimanessi a farmi compagnia, staremmo bene assieme e tutti direbbero passando di qua  “ Ma guarda che bell’isola con quella nuvola sopra, fatti come l’una per l’altra !”

“ Ma come si fa, come potremmo rimanere assieme ? ”

 

La Nuvola rispose :

“ Non è difficile, basta volerlo: facciamo così, tu cerchi di evaporare ogni giorno sempre la stessa umidità che il sole, la terra e il mare ti procurano. Io me ne sto sopra di te, diciamo a cento metri d’altezza dalla tua cima più alta, facendo solo qualche giretto qui attorno per cambiare posizione, sgranchirmi un po’ e non fare ombra sempre agli stessi lati del monte e la sera, quando tramonta il sole, per riposarmi scendo e mi appoggio a te senza soffocarti, e così dormiamo assieme. Poi la mattina, quando risorge il sole, presto presto, salgo di nuovo su e ricomincio a girare. Quando c’è troppo caldo, che tu capisci il necessario, io salgo ancora più in alto a prendere un poco d’acqua e scendo giù per innaffiarti qualche ora prima del tramonto.

Che te ne pare ? ”

 

L’Isola allora rimase in silenzio a pensare per qualche minuto. La Nuvola rimase ad aspettare annuvolata mentre l’Isola pensava: si erano conosciuti per caso, tempo prima, al passaggio della Nuvola in una bella primavera. Da quell’anno periodicamente l’una aspettava di rivedere l’altra ed era molto bello stare assieme, ma senza sicurezze, senza programmi, senza futuri. Poi quelle settimane terribili improvvise in solitudine col temporale scatenato, la paura, il dolore. E adesso il ritrovarsi e l’idea di rimanere assieme, una sotto l’altra ogni giorno:  era mai possibile? Era vero ? Era giusto ? Era bello ? Era sicuro ? Un’isola e una nuvola sempre assieme ?

Un’isola è un’isola perché è sola. Una nuvola è una nuvola perché è fatta di niente, si sposta, col vento nasce e muore senza che alcuno se ne accorga. Assieme cosa diventerebbero ?

 

“Allora ? ” disse la Nuvola quasi spazientita.

“Se ci pensi troppo non vale e non ci riusciremo mai ! ”

 

“Hai ragione, hai ragione, allora proviamo, sì proviamo, cominciamo subito, ma non so cosa succederà, come finirà questa storia ! “.

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

Foto e testi di Gianguido PAGI Palumbo
last update: 23/05/2011 11.07.13