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Palermo-Mondello maggio 2006 foto di PAGI

 

Io, Noi , i Siciliani e la Mafia: è cosa nostra !

Roma marzo 2006

In occasione della giornata per le vittime di Mafia 21 marzo 2006 ideata e organizzata da LIBERA.

Siciliani ?

"Siamo un Popolo triste Noi, molto triste, lugubre anzi, sempre pronti tutti a veder nero, sempre sperando qualcosa d’altro, di meglio, e sempre disperando di poterla avere...”

( Elio Vittorini 1953 Conversazione in Sicilia )

Siciliani ?

“ I Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è superiore alla loro miseria”

( Tommasi di Lampedusa “Il Gattopardo” 1957 )

Siciliani ?

“ Conoscere i mafiosi ha influito profondamente sul mio modo di rapportarmi con gli altri e anche sulle mie convinzioni.(…) L’imperativo categorico dei mafiosi di “dire la verità” è diventato un principio cardine della mia etica personale.(….) In certi momenti questi mafiosi mi sembrano gli unici esseri razionali in un mondo popolato da folli.(…) Per quanto possa sembrare strano, la Mafia mi ha impartito una lezione di moralità” ( Giovanni Falcone “Cose di Cosa Nostra” 1991 )

Sono nato a Palermo oltre cinquantanni fa, da genitori siciliani originari di Palermo e Salaparuta. Ho lasciato la Sicilia a diciotto anni e ho vissuto per 30 anni a Venezia per poi approdare a Roma nel 2002. Proprio a Venezia, fra il 1990 e il 2000, durante la crescita del Leghismo veneto e lombardo, ho toccato con mano il razzismo diretto ed esplicito ma anche quello quasi incosciente e sottile di amici colti e democratici. Più di una volta mi sono sentito dire “ Ma davvero, sei siciliano ?! Non sembra assolutamente !”

Reagivo con un misto di offesa e crisi di identità. Ho riflettuto ripetutamente tra me e me e con amici sull’identità siciliana ed altrettanto sulla relazione fra Mafia e sicilianità, nella storia di ieri e di oggi. Ho apprezzato molto l’impegno di decine di persone in Sicilia e in Italia, siciliane e non, contro la Mafia, per la maturazione di una cultura e di una società diversa, e mi sono sempre sentito in colpa per non avere ancora fatto quasi nulla in prima persona. Più recentemente, per caso o meno, la televisione ci ha proposto film e trasmissioni sulla Mafia e sulla Sicilia mentre in quella stessa isola accadevano fatti politici e sociali importanti e significativi. Da pochi giorni infine è uscito un nuovo libro sulla Mafia scritto da un inglese e già apprezzato da molti: “Cosa Nostra” Laterza 2005 del giornalista John Dickie.

L’associazione nazionale LIBERA, che stimo molto, celebra ogni anno la giornata del 21 marzo in memoria delle vittime della Mafia. Le sollecitazioni ripetute e le riflessioni accumulatesi negli anni mi hanno portato a decidere di scrivere queste prime pagine.

Mi sto convincendo sempre più che sia inaccettabile e dannosa l’idea secondo la quale i Siciliani sarebbero un popolo straordinario rovinato da una infima minoranza diabolica di Mafiosi, oggi quantificabile in circa 5000 persone, su circa 5 milioni di isolani ( lo 0,1 % ! ). Idea, retorica quanto perfetta nella sua funzione di alibi, che invece continua ad essere riproposta da più parti e in più occasioni. Le iniziative necessarie e meritorie di educazione antimafia, da anni organizzate in molte scuole siciliane, oggi mi sembrano insufficienti e in parte inefficaci. Ancora decisive, ma poco estese, sono tutte le attività statali, ai diversi livelli di indagine, di controllo e di repressione così come le iniziative economiche e sociali. Eppure la repressione, lo sviluppo economico sociale e l’educazione alla legalità forse non bastano.

A partire dall’analisi di me stesso, di amici carissimi, di conoscenti e sconosciuti, sto giungendo alla conclusione che proprio “Noi Siciliani”, soprattutto maschi, coviamo dentro l’essenza fertile per la nascita e la crescita della “mafiosità”, nata e cresciuta in secoli di accumulazione: non un imprinting mafioso ma un processo educativo che si riproduce nel tempo.

So che tale dichiarazione era già contenuta in numerosi scritti e parole di decine di persone o in malafede, mafiose, colluse, o intrise di una cultura al limite del razzismo, che attraverso questa tesi giustificavano la Mafia, Cosa Nostra, e rinunciavano a cambiare la Sicilia. ( Nel libro di John Dickie ciò viene ribadito con forza, ma risultano molto più interessanti a proposito gli ottimi saggi pur datati di Rosario Spampinato e di Paolo Pezzino nel volume “La Sicilia – Storia d’Italia” Einaudi 1987) .

So anche che c’è un grande rischio di equivocità e di indolenza se non ci si fa capire bene e soprattutto se non si reagisce di conseguenza. So, e considero positivo tale processo, che è sempre più difficile e sbagliato credere nella persistenza di Identità Etniche codificate in qualsiasi parte del Mondo Contemporaneo perché il “meticciato” sta attraversando continenti, nazioni, territori, provocando nuove condizioni di vita e di percezioni del sé che non permettono interpretazioni storiche comportamentali, individuali e collettive, statiche e rigide. Ma voglio correre questi rischi perché constato la continuità di politiche pubbliche e pratiche private, di vita sociale, culturale ed economica inficiate dalla Mafia e dalla Mafiosità, nonostante decenni di parole, di denunce, di morti, di veri eroismi, di grandi impegni e iniziative, di leggi.

Credo che “Noi Siciliani” innanzi tutto ( pur nell’ambiguità di ciò che questo termine significhi ), assieme ad altri, dovremmo attivare una piccola rivoluzione attraverso un’autocoscienza senza pudori e contemporaneamente promuovere iniziative conseguenti e coerenti che smuovano ancor più dalle fondamenta un terreno solidificato. L’essenza fertile per la nascita della “mafiosità” in “Noi Siciliani”, sta nella “falsa coscienza” della superiorità individuale, di ognuno di noi sugli altri, ancora oggi, anno 2005:

-io siciliano, sono migliore dei non siciliani ed io in particolare sono anche migliore degli altri siciliani;

-io, siciliano, non ho bisogno di nessuno e non mi umilio a chiedere nulla;

-io, siciliano, sospetto che gli altri, tutti, possano fregarmi e agisco di conseguenza, mi guardo attorno, mi “quartio”;

-io, siciliano, mi sento vittima della storia, della sfortuna, di chi non mi capisce e non mi valorizza, di chi è più forte e ha più potere di me ingiustamente, immeritatamente, e allora mi vendico;

- io, siciliano, credo, e spero, che la mia famiglia naturale ( Madre, Padre, Moglie, Figli, e poi chissà) sia l’unica sicurezza e la mia forza principale, da valorizzare e difendere ad ogni costo;

-io, siciliano, mi fido solamente di parenti e amici di provata sintonia e fedeltà alla nostra stessa relazione;

- io, siciliano, non ammetto di essere tradito da alcun membro della mia famiglia naturale, e io non tradirò la coesione della medesima, al di sopra di tutto; - io, siciliano, non credo nelle Istituzioni Pubbliche che sono quasi inutili, nemiche, fatte da persone estranee che non stimo perchè fanno solo i loro interessi, sono inefficienti, e fanno leggi sbagliate che creano più problemi che vantaggi;

-io, siciliano, mi sento onesto e cerco di esserlo ma questo non vuol dire obbedire a tutte le leggi esistenti perché molte per l’appunto sono sbagliate e le posso e devo aggirare, cosìcchè mi sento anche molto furbo e intelligente, dimostrando la mia forza e la mia autonomia;

-io, siciliano, sono terrorizzato dalla Morte , non sopporto che la mia vita finisca e sono pronto a far morire piuttosto che morire, considerando la morte degli altri, spesso nemici, la punizione migliore quanto peggiore sia stato il torto che quel nemico mi ha fatto.

-io, siciliano, aspetto la sorte, accetto il destino, predefinito chissà da chi, forse da Dio, e sarà il Caso a definire il mio futuro, al di là della mia volontà.

Non c’è bisogno di essere mafiosi, parte integrante di Cosa Nostra, o collusi, oppure solamente obbedienti, per mantenere viva la Cultura Mafiosa, per riprodurre la “mafiosità”. Certamente alcune di quelle caratteristiche culturali e comportamentali sono attribuibili anche a buona parte degli “Italiani” ma fu proprio Goethe duecento anni fa, nel suo viaggio in Italia a sostenere che l’Italia senza la Sicilia non sarebbe se stessa. La Mafia sembra essere nata quasi da una “Cultura di Popolo” per poi diventare una tremenda Organizzazione Criminale e riprodursi ancora come cultura diffusa. La Storia di decine di dominazioni ha arricchito realmente i Siciliani facendoli crescere e maturare ma provocando in loro anche una sorta di cultura della autodifesa, della sopravvivenza, della individualità allargata al solo nucleo base, la famiglia. La resistenza alla cooperazione umana a fin di bene, alla condivisione per superare le difficoltà e migliorare la propria vita, alla fiducia nelle Istituzioni Pubbliche, nasce da questa maledetta reazione di autodifesa orgogliosa. E questa non è una giustificazione : è piuttosto una condanna ! Il dramma si rafforza nel paradosso: tale fortissimo individualismo e chiusura al rifiuto di regole collettive di convivenza si è via via “sfogato” nella creazione di una Società Parallela di auto organizzazione sociale-economica-culturale, di uno stato nello Stato contro lo Stato, che è proprio Cosa Nostra, denominazione fortemente simbolica e significativa.

Mafia ? “ La Mafia di ciascun periodo storico può considerarsi come il gruppo o l’insieme dei gruppi che ha successo nel trasformare la sfiducia in un affare remunerativo attraverso una instancabile e se necessario violenta ricerca del monopolio di risorse e transazioni” ( Diego Gambetta “Le strategie della fiducia - indagini sulla razionalità della cooperazione” Einaudi 1989)

Mafia ? “ La Mafia è essenzialmente espressione di un bisogno di Ordine e quindi di Stato “ ( Giovanni Falcone “Cose di Cosa Nostra” 1991 )

La Mafia, in circa 600 anni di vita organizzata, ( secondo teorie che la fanno nascere nel tardo Medioevo e non nell’’800 ) è diventata una Grande Famiglia sostitutiva delle Istituzioni Pubbliche e del mercato economico, che mantiene esaltandoli i principi base del “Siciliano” ( l’eccellenza e la superiorità “etnica”, l’autonomia dagli altri, il sospetto, la Famiglia, l’Amicizia, la Fede cristiana, semplificata a proprio uso e consumo ), attraverso una vera e propria Organizzazione Territoriale alternativa, gerarchicamente rigidissima. La violenza fisica, animale, primordiale, e il culto della morte, diventano così strumenti di potere essenziali. Ma il punto delicato e difficile sta nel passaggio alle attività “illegali” fino alla criminalità estesa a tutti i settori possibili della società italiana e del mondo intero vissuto come mercato, come territorio infinito da sfruttare. Dall’autodifesa all’offesa, dalla difesa all’attacco, dalla sopravvivenza al Potere e la Ricchezza quasi illimitata.

La “Mafiosità” è stata ed è un disastro, prima ancora della Mafia; ci ha rovinati e continua a rovinare “Noi Siciliani” e buona parte degli Italiani ma per “estirparla”, per superarla, bisognerebbe fare profonda “autocoscienza” ( come in parte è avvenuto o dovrebbe avvenire per altri motivi in Germania per l’antisemitismo e nei Balcani per le reciproche intolleranze ), promuovere attività di educazione nelle scuole non solo alla Legalità ma soprattutto alla Modestia, all’Umiltà, alla Cooperazione Umana, alla Convivenza, alla Fiducia negli altri, al Piacere del Futuro e della Vita, al Piacere dell’impegno sociale, alla Forza della Giustizia condivisa e riconosciuta, al Piacere dell’Onestà vera.

Originali e preziose mi sembrano quindi le diverse iniziative che a Palermo svolgono da anni molte associazioni con gruppi di adolescenti, fuori e dentro le scuole. Fra queste, a cura di “Libera”, la nascita in alcune Scuole Medie di vere e proprie Cooperative fra gli studenti per imparare a gestire attività quotidiane essenziali come l’acquisto delle merende e delle bevande per la ricreazione, la organizzazione di pomeriggi musicali e di ballo o di divertimento in comune dentro la scuola: piccole pratiche di vita alternativa, diversa da quella che nasce e cresce nelle famiglie, nelle relazioni quotidiane, nei quartieri, nelle scuole.

Infine ricordo due progetti nati nella lontana Venezia. Nel 1993, ancora caldo del trauma del doppio eccidio Falcone e Borsellino, pensai di far nascere un’Associazione culturale per la valorizzazione delle responsabilità individuali di siciliani e siciliane da premiare e aiutare nelle loro imprese. L’Associazione si sarebbe denominata proprio “Cosa Nostra”, con lo slogan: La Sicilia è cosa nostra. Così come vorrei riprovare, assieme ad altri, a rilanciare il progetto di MUSEO sulla MAFIA da realizzarsi a Palermo, possibilmente nel carcere dell’Ucciardone recuperato a fini culturali. Nel 1998 elaborai quel progetto, motivato e dettagliato, di Museo sulla Mafia, per la Giunta Orlando, progetto regolarmente spedito alla segreteria del Sindaco. Non ebbi alcuna risposta ma dopo alcuni mesi si parlò pubblicamente a Palermo di tale ipotesi, senza citare l’origine : non sene fece nulla. Nel frattempo a Corleone il Sindaco di centrosinistra eletto nel 1995 aveva provato a far nascere un Centro di Documentazione sulla Mafia. Ma dopo pochi anni le nuove elezioni amministrative in Sicilia cambiarono nettamente segno politico: in molti dei quasi 50 Comuni dove avevano governato dal 1995 al 2000 nuovi sindaci, uomini e donne, democratici e progressisti, si passò a maggioranze diverse. Qualcosa, di importante, non aveva funzionato. Quando sarà possibile visitare a Palermo un Museo sulla storia della MAFIA, che non faccia piacere a “Cosa Nostra” ?                                              Gianguido Palumbo

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Piazza della Martiri della Mafia - Palermo 2007 - FotoPAGI

 

Roma 28 marzo 2008  

Per l'Associazione ADDIOPIZZO

Un Progetto di MUSEO della Mafia siciliana e delle Mafie nel mondo   

MuMa 

di Palermo

 

Due anni fa, nel marzo 2006, ho scritto e pubblicato un articolo “ Io , Noi, I Siciliani e la Mafia: è cosa nostra!” in cui alla fine riportavo due idee nate anni prima, fra le quali il progetto di un Museo della Mafia:

“Infine ricordo due progetti nati nella lontana Venezia.

Nel 1993, ancora caldo del trauma del doppio eccidio Falcone e Borsellino, pensai di far nascere un’Associazione culturale per la valorizzazione delle responsabilità individuali di siciliani e siciliane da premiare e aiutare nelle loro imprese. L’Associazione si sarebbe denominata proprio “Cosa Nostra”, con lo slogan:  La Sicilia è cosa nostra.

Così come vorrei riprovare, assieme ad altri, a rilanciare il progetto di MUSEO sulla MAFIA da realizzarsi a Palermo, possibilmente nel carcere dell’Ucciardone recuperato a fini culturali. Nel 1998 elaborai quel progetto, motivato e dettagliato, di Museo sulla Mafia, per la Giunta Orlando, progetto regolarmente spedito alla segreteria del Sindaco. Non ebbi alcuna risposta ma dopo alcuni mesi si parlò pubblicamente a Palermo di tale ipotesi, senza citare l’origine : non sene fece nulla.

Nel frattempo a Corleone il Sindaco di centrosinistra eletto nel 1995 aveva provato a far nascere un Centro di Documentazione sulla Mafia. Ma dopo pochi anni le nuove elezioni amministrative in Sicilia cambiarono nettamente segno politico: in molti dei quasi 50 Comuni dove avevano governato dal 1995 al 2000 nuovi sindaci, uomini e donne, democratici e progressisti, si passò a maggioranze diverse. Qualcosa, di importante, non aveva funzionato.

Quando sarà possibile visitare a Palermo un Museo sulla storia della MAFIA, che non faccia piacere a “Cosa Nostra” ?

Forse è arrivato il momento.

 

Oggi marzo 2008,

-a distanza di circa 10 anni dal primo progetto di Museo che ho elaborato per il Comune di Palermo ed in parallelo con la crisi del Centro di Documentazione sulla Mafia e Sito Internet di Corleone nato nel 2000.

-mentre sta per nascere un Centro Documentazione Museo della N’Drangheta finanziato dalla Provincia di Reggio Calabria su direzione dell’antropologo Luigi Lombadi Satriani,

-sta per nascere a Las Vegas un Museo della Mafia su basi turistico spettacolari cinematografiche,

- viene ipotizzato un Museo della Mafia dal Consorzio di 5 piccoli Comuni della provincia  di Caltanissetta,

 

-         con il successo di Addio Pizzo

-         con la Confindustria Siciliana di Ivan Lo Bello

-         con il Banco di Sicilia in via di rinnovamento Unicredit

-         con il Sindaco di Gela

-         con Rita Borsellino e Anna Finocchiaro

-         con i giovanissimi adolescenti di Centuripe-Enna e il loro giornale La Gazzetta dei non boss

-         con l’Univ. di Palermo

-         con l’Assoc. Libera

-         con il Centro Impastato

-         con il Centro Don Puglisi

-         con la fotografa Letizia Battaglia

-         con la regista teatrale Emma Dante  e la cantautrice Carmen Consoli

-         con Camilleri ed altri intellettuali e artisti siciliani

oggi , proprio durante la campagna elettorale nazionale e regionale, si può e deve rilanciare un progetto piccolo ma potenzialmente grande, un progetto non “militante”, senza tesi, senza scontri e mediazioni fra grandi storici e politici della antimafia, ma basato più sulla creazione progressiva e veloce di una memoria collettiva della storia della Mafia Siciliana in relazione alle Mafie di altri paesi e culture del Mondo ( Mafia Americana, Turca, Slava, Cinese, Russa ), che parta come ( Museo Virtuale ) Sito Internet, con una piccola sede-redazione- centro raccolta documentazione : ricordi personali e collettivi, racconti, foto, documenti, film, libri, video TV…..dati, elenchi ( e in futuro anche oggetti ) che si colleghi immediatamente a Università, Scuole, Centri Ricerca, Centri Statistici, Archivi dei Media…… con un possibile sistema di accrescimento dati e contributi simile alla Enciclopedia aperta Wikipedia.

 

All’inizio:

-         senza Comitati scientifici altisonanti e imbarazzanti

-         senza Governi pubblici ambigui ( Regione , Prov. Pa, Comune Pa )

-         promotori giovani  e decisi : Addio Pizzo

-         con un Gruppo aperto di sostenitori ideali e concreti e consulenti-collaboratori

-         quote minime di cofinanziamento da versare in un cc corrente postale garantito

-         con la partecipazione attiva di Fac Univ, Scuole sup. Medie, Elem.

 

I costi iniziali riguarderebbero:

 

  1. un piccolo Ufficio Redazione attrezzato con almeno 2 Computer potenti ( affitto )
  2. un Tecnico WebMaster per la progettazione e la gestione del Sito ( parcella forfait )
  3. una Redazione composta da almeno 2 persone a tempo pieno a contratto  ( un primo anno )
  4. un-una Responsabile del progetto e dei primi mesi di lavoro  ( un primo anno )
  5. spese varie ( spostamenti, tel. e altro )

 

a =    10.000  ( affitto + spese + arredo )

b=     12.000

c =     12.000

d =     12.000

e.=       4.000

 

Totale per il primo anno   Euro  50.000  

 

A carico al 50 % dalla raccolta diffusa di quote sostegno tramite CC postale apposito

e al 50% da un finanziamento pubblico e o privato non vincolante.

Proviamo ?                                      

Gianguido Palumbo

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Sulla strada Agrigento Palermo - FotoPAGI 2008

 

Introduzione al libro di Beatrice Monroy

Portella della Ginestra- Indice dei nomi proibiti

Ediesse ed. 2005

 

 

Roma 10 febbraio ’05

 

Mondo Portella 2005

 

La strage, il dramma di Portella della Ginestra oggi 2005 a distanza di quasi 60 anni dal 1947: cos’è, Sicilia, Italia, Europa o Guatemala, Senegal, Bosnia, Palestina, Irak……..?

“Perché cosa sia la Sicilia dove essa fa continente, come terra e come popolo, può immaginarselo meglio un contadino del Pakistan o un pastore dell’Estremadura che il turista calato da….”

(Elio Vittorini 1953  da “Le Città del Mondo“)

Questa bella e forte Cantata non parla solamente di Portella o addirittura non parla proprio di Sicilia, di Mafia, di Politica.

Beatrice Monroy  ci racconta:

la Povertà e la Guerra;

l’Infanzia e la Morte;

la Povertà, l’Essenzialità,  accanto alla Ricchezza forzata e mal vissuta;

la Natura, la sua Bellezza e semplicità violate dalla Violenza;

l’Amicizia, la Condivisione, la Vicinanza, il Vicinato, la Comunità,

trafitte, smembrate dal Cinismo, dalla Cattiveria individuale e di Clan e di Partito e di Stato.

In questi anni Duemila io, uno fra tanti,  ho visto e sentito padri, madri, figli, fratelli, sorelle, amici, amiche, ormai soli e sole, con visi chiusi e voci meste, ricordare gli scontri, le paure, le morti, nei villaggi guatemaltechi centroamericani, in quelli africani del sud Senegal per la guerra in Casamance, o nei villaggi bosniaci ( ma anche serbi, albanesi, kossovari) del sud Europa.

Tante vittime doppie: della povertà e del conflitto, dell’ingiustizia, dello sfruttamento e dell’odio provocati , alimentati, utilizzati.

Portella della Ginestra, in Europa, in Italia, in Sicilia, proprio a Piana degli Albanesi, quasi a sottolineare casualmente o meno la relazione con le storie intrecciate e infinite delle Migrazioni mediterranee e ormai internazionali, nel lontano 1947, attraverso la Cantata di Beatrice Monroy Portella della Ginestra diventa luogo e fatto del mondo d’oggi , anno 2005.

E’ la stessa autrice che apre la Cantata con due citazioni extrasiciliane di J.Genet sulla strage dei campi palestinesi di Sabra e Shatila e l’antica cultura greca di Eschilo e le sue Coefore.

Alcune frasi lampeggiano nel testo:

“ Era un bel tempo quello pieno di gioia dopo la guerra”

“ Un altro bambino nella cesta ha fame, è solo”

“ Corre la bambina e perde pure la sua bambola”

“ Io so, grida Pisciotta, e muore”

“ Vi dirò, scrive Giuliano, e muore”

E ancora:

la Fame la Vergogna della povertà, l’Orgoglio e la Dignità, ieri come oggi in giro per il mondo:

14 milioni di persone nel 2005, non nella Sicilia di 60 anni fa, muoiono ogni anno ancora per Fame,.

Le Donne e la loro forza: è la madre-moglie che convince il padre-marito ad andare in festa nella valle assieme agli altri, che l’Uomo si vergognava. Oggi dopo 60 anni, nel 2005 si riconosce che il miglioramento delle condizioni di vita di miliardi di persone nel mondo più povero può avvenire solamente finanziando, dando fiducia e ruoli alle donne di quei Paesi, e non ai loro mariti, padri, zii, fratelli spesso assenti, pigri, sfiduciati, ubriachi, furbi, codardi,inaffidabili.

La Natura, bellissima, colorata, forte, nella primavera siciliana del ’47 appare qua e la nella Cantata ricordandoci il Bene collettivo in cui viviamo e che stiamo alterando sempre più fino a rischiare oltre la Violenza Umana anche la sua rivolta.

E gli Animali, i Muli preziosi, la Cavallina morente poco pascoliana: i paesani piangono e si disperano quasi altrettanto per l’uccisione dei loro animali, chiamati per nome, che per i propri cari, sono cari anch’essi. La Bambina si dispera per la sua Cavallina e i paesani in mancanza dei muli a quattro a cinque trascinano i carretti con sopra i corpi dei morti e dei feriti. E gli asini nel frattempo rischiano l’estinzione nel 2005, mentre le spese sanitarie per i nostri cani e gatti da compagnia si possono detrarre dalle tasse : figli a carico, bestie a carico, ma quando scocciano si abbandonano per strada.

Tutti, Governanti, Politici, Intellettuali, Professionisti, Giornalisti…nel Mondo parlano dei problemi internazionali e citano i famosi 8 obiettivi da raggiungere nel 2015, i Millennium Goals stabiliti dalle Nazioni Unite nel 2000 e indicati come principali fattori di miglioramento delle nostre Società in pericolo:

  1. Riduzione della Povertà
  2. Aumento della Educazione Primaria
  3. Rafforzamento del ruolo delle Donne
  4. Diminuzione della Mortalità infantile
  5. Rafforzamento della Salute delle Madri
  6. Rafforzamento della Salute di tutti
  7. Difesa dell’Ambiente
  8. Sviluppo della Cooperazione Internazionale

Portella della Ginestra è Mondo d’oggi, non solo memoria necessaria.

Gianguido Palumbo

 

 

 

Foto e testi di Gianguido PAGI Palumbo
last update: 23/05/2011 11.07.13