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Roma 28 febbraio 2013

TERREMOTO ELETTORALE

Scrivo per condividere e suggerire due articoli  pubblicati da La Repubblica il 27 feb. sulla stessa pagina 41 ( anche se iniziati in Prima Pagina ) : uno è "La sedia vacante" di Ezio Mauro e l’altro "La pentola scoperchiata" di Barbara Spinelli Io li sottoscriverei entrambi perché mi ritrovo pienamente nell’analisi della situazione e delle potenzialità di una difficile ma possibile relazione ibrida fra Bersani e Grillo. In queste ore purtroppo Grillo sta reagendo male alle aperture forti del Pd e di Bersani in particolare, ma spero riescano a comunicare e trovare a poco a poco delle soluzioni almeno per sperimentare. So che il terremoto elettorale sta provocando in molti di noi una vera depressione e molta angoscia per l’Italia e per le proprie vite future. Io invece, e forse da solito ingenuo, sto reagendo proprio istintivamente ma anche razionalmente con meno pessimismo e molta speranza- illusione ( ? ) che il successone del Mov 5 stelle ( che non ho votato ma osservo con molta attenzione da anni ) possa essere salutare per l’Italia se tutta la Sinistra saprà rimettersi in gioco con nuove energie e capacità di autocritica e autoanalisi per entrare più in sintonia con i tempi. Nel “Giornalino” di M5S con il Programma elettorale ci si rende conto che il livello di approfondimento tema per tema è di gran lunga superiore a quelli ufficiali ( siti internet ) dello stesso PD e di SEL !! Altro che pura protesta e populismo spicciolo! E il paradosso è che almeno il 70 % e più di questo Programma politico è molto vicino ( ma più articolato ) a quelli di gran parte della Sinistra italiana, più o meno radicale. Insomma proviamo a reagire con più elasticità, curiosità, resilienza !  Gianguido

Visita il sito della nostra associazione interetnica italiana www.mondita.it

Visita il sito del Progetto multimediale CORTISSIMA STORIADITALIA : www.cortissimastoriaditalia.it

Visita la Rivista on line italo-africana www.assaman.info di Pap Khouma e Gianguido Palumbo

Roma 5 ottobre 2011

2011 dall’Africa all’America : un nuovo ’68 ?

 

L’Africa, dopo aver partorito l’Umanità qualche milione di anni fa, ha concepito una “nuova creatura” in movimento che potrebbe provocare una svolta lenta ma decisa sul corso della globalizzazione in crisi. Il ’68, quarantatre anni fa, è stato un grande movimento socioculturale che in realtà era iniziato qualche anno prima in America del nord fra i giovani delle università più radicali a partire dal rifiuto della Guerra. Contagiò giovani studenti e poi operai e intellettuali e artisti europei, in particolare francesi, tedeschi e italiani e via via in qualche modo tutto il mondo. Il “Duemilaundici” è un movimento che è nato nella "tranquilla" Tunisia e poche settimane dopo in Egitto e in altri paesi NordAfricani ed ancora in altri mediorientali per poi contagiare in pochi mesi l’Europa e ultimamente, in questi giorni anche l’America, con decine di città coinvolte a partire proprio da NewYork.  Dall’Africa all’America attraverso l’Europa.

E’ nato e sta crescendo un “Nuovo Sessantotto” ? Credo di si, con tutte le differenze storiche inevitabili ma con la stessa forza progressiva di ribellione e di rigenerazione culturale, sociale e politica. La seconda grande differenza con il ’68 è che questo Movimento DUEMILAUNDICI  è nato da una sotterranea e fondamentale comunanza che anni fa si sarebbe chiamata “strutturale” : la ribellione alle condizioni materiali di vita, alle relative povertà insopportabili abbinate alla mancanza di libertà, di democrazie vere, alla mancanza di “futuro”. La crisi economica internazionale attuale si basa sulla supremazia della Finanza dominante, sulla supina acquiescenza della “Politica”, dei Governi e non solo delle Dittature. La crisi economica è terribilmente connessa alla crisi ambientale, alla crisi della “politica” tradizionale e dei sistemi istituzionali, alla crisi degli equilibri internazionali e delle aumentate disuguaglianze mondiali.

Insomma un “Nuovo ‘68” vede milioni di giovani africani, arabi, europei, americani e in parte anche asiatici, innanzi tutto ribellarsi in modo fisico con i propri corpi assieme  nelle strade e nelle piazze vere e contemporaneamente nello spazio virtuale della rete che ne è la prima connessione e comunicazione istantanea e trasversale. Fisicità piena ( come 40 anni fa ) mescolata con la virtualità piena e diffusa che non è la sua alternativa, checché ne dicano i teorici della vuotezza dei social network.

Il Duemilaundici, nuovo ’68, a 10 anni simbolici dall’altro terremoto mondiale del 2001 con l’attacco alle Torri di NY, sembra davvero crescere diffondersi e dilagare con alcune costanti simboliche, altre molto concrete materiali e sociopolitiche culturali.  Ancora, e inevitabilmente: i “Giovani”, così bistrattati negli ultimi decenni almeno in Occidente; la “Libertà” , così giocata impunemente e tradita da slogan e falsi ideologici; la “Democrazia”, così spesso dimenticata nelle sue fondamentali accezioni contemporanee; la “Povertà”, così banalizzata anche dagli obiettivi ONU del “Millennium” e così resa miserevole nella sua estremizzazione quasi esotica mentre cresceva a vista d’occhio accanto a tutti noi ovunque; e soprattutto l’ ”Ingiustizia” così esplosiva e sfrontata nella sua mescolanza con le mille forme dello sfruttamento umano ed economico, nella sua origine sia mercantile distorta sia criminale ed illegale sia purtroppo anche nella sua articolazione della gestione dei mille poteri micro e macro ( come già analizzava M. Fucoult negli anni settanta ). Forse la vera nascita di questo Movimento è da porsi nelle prime contestazioni NoGlobal e nei primi Forum Sociali mondiali e continentali, anche se quel filone di movimento si era auto ghettizzato troppo e non era risuscito, in oltre 10 anni, a contaminare davvero le società dei diversi paesi.  Il merito storico della popolazione tunisina, e non solo dei giovani, è stato quello di reagire ad una accumulazione decennale di soprusi, di freni, di angherie, di furbizie, con manifestazioni di radicale essenzialità, tenacia, trasversalità, quasi prepolitiche : pane, dignità, giustizia, democrazia.

Dalla Tunisia al Belgio ( mesi fa 100.000 in piazza spinti da soli 5 ragazzi ), dall’Egitto alla Spagna, dall’Islanda all'Italia, dalla Siria all’America, le parole forti sono state e sono basilari : Basta, Vergogna, Andatevene, Noi non paghiamo. Ma la ribellione, le proteste, i movimenti non si fermano al rifiuto e cercano di elaborare proposte e richieste, pur con difficoltà e non dovunque con la stessa efficacia e maturità. In alcuni casi come la Tunisia e l’Egitto la ribellione ha portato addirittura alla caduta di regimi decennali, in altri più controversi e complessi come la Libia e la Siria sta vivendo una fase molto problematica dagli esiti incerti, in altri ancora come la nostra stessa Italia non è ancora chiaro e possibile prevederne gli effetti.

Il prossimo 15 ottobre in tutta Europa è prevista una giornata internazionale di mobilitazione e manifestazioni.

Il nuovissimo movimento americano “Occupy Wall Street” in crescita, ha proposto anche un appuntamento di protesta in coincidenza del summit dei Grandi Paesi del Mondo, il G20, previsto in Francia a Cannes i prossimi 3-4 novembre.

Dall’Africa all’America, e non viceversa, i giovani del mondo stanno muovendosi ancora finalmente. Speriamo che grazie a loro il mondo migliori.

 

 

Roma 12 luglio 2011

            SNOQ-U :  SeNonOraQuando….Uomini italiani ?             

Sono stato a Siena sabato e domenica dall’inizio alla fine dell’incontro delle donne italiane di “Se non ora quando?”. Ero uno dei 100 uomini presenti ( li ho contati uno più uno meno, esclusi i giornalisti e i tecnici ). E’ stata una esperienza intensa, molto interessante, bella, anche per me. Conoscevo alcune delle organizzatrici e quasi tutto il gruppo delle veneziane, avendo vissuto 30 anni in quella città. Sono andato convinto che mi avrebbe fatto bene e così è stato. Mi ha dato ancora più fiducia sia in questa Italia in movimento sia nelle donne promotrici e partecipanti, sia nelle idee e nelle attività che sto facendo da anni, in un misto indistinguibile fra la mia vita e il mio lavoro, fra scrittura di articoli, libri, siti, pagine in rete, progetti ed iniziative legate alla cooperazione internazionale, alle migrazioni e la multietnicità.

Il momento più forte e significativo delle giornate di Siena, nella sua essenziale capacità di comunicare, è stato il ballo finale sul palco delle promotrici, di ogni età, trascinate dalla bellissima canzone di Patti Smith “ People have the power”, che nel titolo indica una possibilità e una necessità.  Già a Roma in Piazza del Popolo il 13 febbraio mi aveva colpito questo momento liberatorio e coinvolgente del ballo vero, scatenato, di corpi di donne ventenni, trentenni…. ed anche settantenni, che dopo aver parlato, ragionato alto, proposto, lavorato, hanno espresso la loro forza, la loro gioia ed energia ballando : noi uomini non lo facciamo quasi mai e men che mai lo faremmo alla fine di un incontro politico nazionale al centro di un palco davanti a centinaia o migliaia di altre persone.

Tutte le 24 ore quasi consecutive, dalle 12.30 di sabato alle 13 di domenica 9 e 10 luglio a Siena, sono state comunque significative per la varietà di interventi, testimonianze, analisi e proposte fatte da donne veramente tanto diverse fra loro per età storia, formazione, provenienza, ruolo, comprese le attrici, le musiciste, le artiste.

I momenti più strani li ho vissuti io nel sentirmi guardato e vissuto come “estraneo” come “altro” e al massimo accettato come osservatore o compagno-marito di una delle donne presenti o appunto utilizzato come “fotografo” volante di amiche che volevano giustamente ricordare quei giorni in uno scatto.

Ho anche vissuto con imbarazzo critico l’assenza totale dell’intervento di un uomo, almeno uno ( tranne il saluto del Sindaco ) che parlasse del piacere e dell’interesse di essere lì e della grande potenzialità umana e politica di una nuova collaborazione fra movimento delle donne e uomini in cambiamento che pur esistono in Italia, da anni, in molte città, in piccoli gruppi o in alcune associazioni nazionali ( fra gli altri: Il Cerchio degli Uomini di Torino, Uomini in Cammino di Pinerolo, Gruppo Uomini di Viareggio, Gruppo Uomini di Verona, Uomini in Gioco di Bari, Maschile Plurale di Bologna, di Roma e di Napoli, Non più Sole di Modica, L’Associazione nazionale MaschilePlurale, la Rete italiana di Uomini Clienti con l’Associazione Le Ragazze di Benin City  di Aosta). Sono stato molto tentato di provare a parlare ma ho deciso che la mia individualità non avrebbe espresso alcuna rappresentatività maschile e avrebbe rischiato di diventare una sorte di “esibizione”.

Ma apparte i gruppi e le associazioni esistenti di uomini, di cui ho anche fatto parte attiva negli ultimi anni, sono convinto che sia proprio ora ( e Se non ora quando uomini italiani ? ) che il maggior numero possibile di Uomini Italiani di ogni età, origine, storia, formazione, città, si sveglino, si confrontino, in contemporanea, in parallelo, in momenti di autonomia e di collaborazione, provino a cambiare da soli e assieme, nella vita e nel lavoro, nella politica e nell’associazionismo, assieme fra loro e assieme alle donne, proprio come stanno facendo centinaia di migliaia di donne italiane in questo nuovo movimento trasversale apertissimo ma anche decisissimo e molto chiaro per alcuni principi, idee, proposte e capacità di azione.    Ho seguito con molto interesse l’inizio di questo nuovo protagonismo femminile a partire dalla prima serata romana all’Accademia di Danza con la proposta dello spettacolo “Libere” scritto e diretto dalle sorelle Comencini e recitato da due attrici diverse come la Aragonese e la Savino. Quella sera di circa un anno fa eravamo almeno 500 persone, molte donne ma anche molti uomini ad assistere allo spettacolo teatrale e poi al primo dibattito in cui si iniziava a ipotizzare un risveglio nuovo delle donne italiane che collegasse la storia del Femminismo al presente di donne diverse e capaci i dialogare, fare rete, impegnarsi per reagire e provare a scuotere e cambiare un’Italia al collasso mentale prima ancora che sociale politico ed economico. Ho seguito la nascita della pagina FaceBook e poi l’organizzazione del 13 febbraio, dove sono andato, e poi ancora di Siena. Mi pare, pur da uomo, che veramente questo nuovo movimento abbia la forza e l’originalità di coinvolgere molte più donne di prima, di quei gruppi movimenti di quarant’anni fa e di altri periodi. E sento, da uomo che da altrettanti anni prova a cambiare se stesso con tutte le difficoltà e contraddizioni nel difficile cambiamento generale della società, che i gruppi e le associazioni di uomini esistenti che da tanti anni ormai si impegnano in modi diversi a cambiare le loro vite maschili, le loro coscienze, i pensieri, le abitudini, le relazioni individuali e familiari e sociali, sono troppo chiusi in sé, troppo auto-concentrati, troppo isolati, troppo elitari come in parte lo erano alcuni gruppi di femministe storiche.

Mi sono chiesto più volte come vivrebbe e sarebbe oggi un mio figlio maschio trentenne: ho solo una figlia di cui sono più che orgoglioso e sono sempre più convito dell’importanza e della grande difficoltà di sperimentare un nuova educazione alla Maschilità, oggi pressoché inesistente con molti genitori in crisi per le crisi dei propri figli adolescenti  o giovani adulti. Ma adesso, se non ora quando, anche noi Uomini in quanto tali in quanto maschi di ogni età, in quanto persone comuni ovunque siamo, in quanto mariti o compagni di vita, in quanto padri, figli, fratelli, in quanto impiegati, operai, intellettuali, politici, giornalisti, insegnanti, artisti, possiamo e dobbiamo provare a cambiare, in un’Italia e in un mondo in subbuglio, con grandi rischi e paure ma anche con grandi energie che si stanno esprimendo in ogni paese e cultura.

Se non ora quando Uomini Italiani, assieme fra noi e assieme alle donne, con il rispetto reciproco ma anche con la forza della collaborazione, sulla base di confronti sinceri, critiche, analisi e possibili proposte anche comuni. Potrebbe nascere una rete italiana di SNOQ-U, uomini in una rete aperta, attiva, presente nelle diverse città, collegata da idee e proposte, alcune proprie e specifiche altre assieme alla rete delle donne, per arricchire e rafforzare l’Onda lunga che in Italia sta finalmente iniziando a modificare la situazione generale del Paese.

Le analisi fatte a Siena, ed anche prima, dalle donne del nuovo movimento facevano capire bene come non sia più sufficiente aspettare pur attivamente le nuove elezioni politiche sperando in un nuovo Governo di Centro Sinistra più o medo discreto. C’è bisogno di cambiamenti profondi culturali, comportamentali, sociali, politici ed economici, che attraversino tutti i Partiti e i Movimenti, in sintonia con un mondo che travolge dittature consolidate, rompe schemi, collega donne e giovani dell’Africa , dell’America latina, dell’Europa, della Cina, degli Stati Uniti. Un mondo che non aspetta “semplicemente” di superare la crisi finanziare rilanciando un nuova “Crescita Economica” come se fossimo negli anni Trenta o Sessanta o Ottanta. Le crisi ambientali, sociali, economiche richiedono ben altro e soprattutto i giovani e le donne lo stanno capendo più e meglio di milioni di Dirigenti Uomini al potere in tutto il mondo.

Se non ora quando, uomini italiani : proviamoci anche noi a cambiare e far cambiare, partecipando e ritrovando nuove e diverse energie maschili da scoprire o reinventare.

Gianguido PAGI Palumbo

 

27 giugno 2011

Economia Italiana : basta tagli a NOI, tagliamo VOI piuttosto !

Adesso, a fine giugno, dopo le Elezioni, dopo i Referendum, con un Governo in crisi verticale e un Premier finito, l’Italia deve affrontare la nuova Finanziaria che permetta di rimanere in Europa, di migliorare i conti pubblici, di non peggiorare la vita dei cittadini. Si parla di nuovi tagli alla spesa pubblica in 3 anni fra i 40 e i 60 miliardi e si discute come fare. Nel frattempo il Governatore della Banca d’Italia Draghi è stato promosso dall’Europa a Direttore della Banca Centrale Europea, dopo aver presentato una relazione finale annuale all’Italia poche settimane fa. In questa situazione si discute sempre di più  anche di Immigrati, di diritti, doveri, di politiche relative.

Ma finalmente esce un nuovo studio, un libro di Nunzia Penelope SOLDI RUBATI  ed. Ponte alle Grazie  2011, in cui si evidenzia il mare di illegalità economica dell’Italia come problema fondamentale da affrontare per non risultare ipocriti e inefficaci in qualsiasi azione di governo dell’Economia nazionale : ogni anno in Italia abbiamo 160 miliardi di Evasione fiscale, 60 miliardi spesi in Corruzione, 350 miliardi di giro d’affari dell’Economia Sommersa ( di fatto illegale ), più di 100 miliardi incassati dalle Criminalità Organizzate,  oltre a 500 miliardi collocati illegalmente all’estero in Paradisi Fiscali, nascosti al fisco ed all’economia italiana. E discutiamo ancora correttamente e rispettosamente con il Ministro dell’Economia e con il Governo tutto di quanto e come tagliare spesa pubblica in 3 anni per un totale di circa 50 miliardi ? E discutiamo ancora di come modificare le tasse e se tassare le rendite finanziarie ? E discutiamo ancora di come andare avanti quando la vicenda della P4 e di Bisignani svela per l’ennesima volta come va avanti la Società, l’Economia, la Politica Italiana, usando di fatto milioni e miliardi di soldi pubblici per corrompere per pagare percentuali per premiare clan e famiglie e partiti composti da ignoranti e disonesti e incompetenti professionalmente ?

E in questa Bella Italia cosa fanno gli Stranieri e gli Immigrati in attesa di essere respinti, accolti, integrati o separati ?

Nel 2010 i Carabinieri del CTL comando tutela del lavoro hanno svolto indagini a campione in tutta Italia per verificare lo stato di legalità delle aziende di vari settori : 22.000 imprese. Quasi la metà erano irregolari, 300 erano completamente in “nero” e molte delle irregolari nel Nord. Moltissimi lavoratori coinvolti in condizioni irregolari erano stranieri. Un caso “nuovo” di irregolarità in un settore tradizionale del Nordissimo, in Trentino, che racconta purtroppo molto bene l’Italia attuale che deve cambiare e al più presto, è quello relativo alla produzione di Porfido, le pietre squadrate usate ancora molto nelle città italiane per fare strade o pavimentazioni. In una valle del Trentino c’è proprio una miniera con 100 cave che fruttano circa 220 milioni di euro all’anno. In totale vi lavorano 1000 persone di cui 600 stranieri che spaccano la roccia ore ed ore al giorno con qualsiasi tempo. Ma la catena produttiva prevede oggi più di un passaggio di subappalto con sfruttamento ottocentesco del lavoro illegale a cottimo, a ore, e spesso pagato poco e male.

Un ‘altro caso ha riguardato il Veneto dove un altro settore “moderno” del terziario “avanzato” ha svelato un’altra catena di irregolarità e sfruttamento : la Pubblicità. Una Società veneta di Marketing e Pubblicità  garantiva chiavi in mano lo studio dell’evento o del prodotto da pubblicizzare, la realizzazione dei cartelloni stradali e la distribuzione dei volantini da collocare sui vetri delle auto e nei portoni della case. L’ultima fase del lavoro, la distribuzione dei volantini, era svolta non dai soliti studenti universitari in carca di qualche soldo per alcune ore alla settimana, ma da una piccola Società di servizi vari gestita da un Indiano che a sua volta utilizzava decine di altri stranieri a cottimo che però venivano controllati da un nuovo sistema satellitare ad personam che indossato dal distributore di volantini permetteva di controllare sul computer centrale dell’Indiano gli spostamenti reali in città e i tempi di lavoro.

Due settori, due regioni del Nord, due modalità di lavoro in nero, di supersfruttamento, in cui i titolari e i capitali principali dell’attività imprenditoriale erano italianissimi.

E non ricordo qui tutto il resto dell’Economia Italiana in ogni regione del Paese : l’Edilizia, l’Agricoltura, parte del Manifatturiero, la Ristorazione e l’Alberghiero, l’Assistenza Familiare,  basati per una forte percentuale su lavoratori stranieri senza contratti, in “nero”, senza contributi, senza sicurezze sul lavoro, con molti ricatti e paure nelle stesse ore di lavoro e quindi insicurezza e scarsa qualità di svolgimento. I guadagni, i profitti di migliaia di imprese in quei settori sono basate sull’illegalità.

Questa è la fotografia di buona parte dell’Economia Italiana che potremmo definire “bianco-grigia” rispetto all’Economia “grigia” ed a quella “nera” e quella direttamente  “criminale” ( il pizzo nel commercio, le droghe, le armi, le prostitute, i rifiuti, …..). Economie miste che le Criminalità Organizzate nazionali gestiscono con giri di affari ( soldi che arrivano da “clienti” italiani , da tasche e famiglie italiane ) per un totale di oltre 100 miliardi di euro all’anno.  Criminalità che sappiamo tutti quanti soldi ogni anni riciclano nella finanza, nelle Economie apparentemente “bianche” e legali creando ibridi dannosissimi tranne che alla Popolazione Italiana onesta.

Questa è l’Italia di oggi, non solo la FIAT, ARMANI, le COOP, la FERRARI, l’ENI etc… le cui miriadi di attività di subappalti andrebbero comunque analizzate molto attentamente per capire quanto sino innocenti e pulite e “bianche”.

Se questa è la verità come si fa a svolgere una relazione annuale ed anche di saluto della Banca d’Italia il 31 maggio scorso, analizzano il Paese senza analizzare queste realtà , questi enormi anomalie proprie dell’economia nazionale rispetto a Paesi fratelli europei, e proponendo una gerarchia di problemi e soluzioni che di fronte ai dati reali della società italiana contemporanea risultano come minimo “insufficienti”, “inefficaci”, “omertosi” ? La relazione contiene solamente alcuni accenni alla necessità di alcuni riequilibri socioeconomici che hanno provocato un giudizio eccessivamente positivo e generoso da parte di molti dirigenti politici e sindacali. La più chiara ed importante è quella di pagina 6 “ il fatto inaccettabile che i guadagni spettino ai privati e le perdite alla collettività”. E quella finale a pagina 19 : “ Occorre sconfiggere gli interessi corporativi che in più modi opprimano il Paese”. Draghi, sicuramente è un “dirigente” italiano di alto livello rispetto all’attuale ministro Tremonti ed a molti altri colleghi o dirigenti politici ma non basta.  La sua relazione ripropone da una parte schemi analitico interpretativi della società italiana, all’interno di quella mondiale, fermi di decenni e la sua potrebbe essere una relazione di 5, 10, 15 anni fa, dato che non vi è alcun accenno significativo ai processi contemporanei della mondializzazione, dei suoi componenti tecnologici, geopolitici, socioculturali né alle teorie ormai più che diffuse e discusse sulla crisi della “crescita” economica come unico valore e indicatore nazionale ( senza bisogno di sposare tesi radicali anticrescita ). Pochi giorni fa il Prof Livi Bacci , senatore del PD riformista moderato, intervistato dal Manifesto analizzava l’andamento della Popolazione nel mondo e in Italia e lui stesso metteva in crisi il concetto classico di “Crescita” economica di un Paese. Altri economisti riformisti sull’Unità dei giorni scorsi scrivevano articoli  critici sul “rigorismo” europeo tradizionale inadeguato ad affrontare le crisi contemporanee. Nella relazione Draghi la “produttività” del lavoro sembra basarsi sempre e ancora sul mondo manifatturiero quando il mondo è sempre più basato sulla “produzione” di servizi immateriali con tassi di efficienza e di costi ore lavorate decisamente anomali rispetto alla tradizione industriale otto e novecentesca.  L’insieme delle analisi e dei suggerimenti appare così molto datato e quasi scontato pur migliore e diverso dalle elaborazioni degli attuali governanti del Centro Destra nostrano : ma non possiamo accontentarci di ciò  di fronte al declino economico sociale culturale e politico di un paese come il nostro.  La relazione di Draghi, e la reazione complessivamente positiva del mondo politico e sociale di Centro Sinistra,  temo rispecchi proprio il livello della mediocrità delle classi dirigenti italiane in ogni settore. Il fatto che Draghi sia stato chiamato quasi all’unanimità a dirigere la Banca Europea da altri dirigenti tedeschi, francesi, inglesi, spagnoli … temo ancora che rifletta il basso livello delle classi dirigenti europee a confronto con quello attuale degli USA e della Cina, dove la qualità del dibattito ed anche delle critiche e delle sfide sulla crisi economica mondiale è superiore al nostro. L’Europa in fatti non sta dando dimostrazioni di alti livelli qualitativi e decisionali nell’affrontare le proprie crisi identitarie, economiche, politiche e internazionali. Draghi sarà un buon responsabile della Banca Europea, ma credo non all’altezza delle sfide mondiali che aspettano o non aspettano l’Economia Comunitaria nell’economia mondiale vorticosamente dinamica ed in strettissima relazione con i sommovimenti sociopolitici sia del mondo Arabo che di altri mondi, quello latino americano, quello asiatico. Cosa scrivevano gli analisti alla Draghi ( del FMI o delle Banche mondiali ) delle situazioni economiche sociali e politiche della Tunisia e dell’Egitto prima delle rivoluzioni ? Avevano capito o intuito qualcosa di ciò che stava per succedere al di là dei numeri, dei dati, del PIL, della Crescita ? Cosa propongono adesso per la Grecia in crisi verticale ? Tagli, tagli, tagli ? Ma come è possibile pagare, ascoltare, credere ancora a decine di dirigenti economici di mezzo mondo cresciuti con teorie studi e formazione culturale di 40 anni fa e con una coscienza leggermente schizofrenica ?  Si continuano ad invitare a convegni Paul Krugman, Amartya Sen, Jeremy Rifkin ed altri economisti di livello mondiale ed ancora prima si citano le analisi critiche al Capitalismo Selvaggio del finanziare George Soros , per poi far finta di niente, delle loro riflessioni, delle loro proposte innovative che da anni aggiornano lo stesso pensiero socioeconomico liberale e quindi stimolano il quadro politico internazionale.

L’Italia che sta riemergendo, risorgendo negli ultimi mesi con le Elezioni Comunali e con i Referendum, esprime e libera finalmente energie, bisogni, creatività, intelligenza, disponibilità all’impegno ed al lavoro che meriterebbero ben altre analisi e proposte per rilanciare non tanto genericamente e tradizionalmente la “Crescita” ma una intera società, con possibilità di recupero di grandi quantità di denaro pubblico dall’evasione e dalla legalità, di riorganizzazione delle tassazioni, di riorganizzazione del lavoro pubblico, di investimenti in ricerca e istruzione e cultura, di valorizzazione di giovani, donne ed anche anziani, accanto ad una nuova, civile e innovativa riscoperta della multi etnicità storica e recente che dia senso e ruolo ai milioni di nuovi italiani stranieri. E’ possibile, è necessario, sarà entusiasmante solo se l’obiettivo NON sarà banalmente la “crescita” economica tal quale, ma la “rinascita” orgogliosa di un popolo intero.  L’Italia nel 1860 non si sarebbe unita se ci fosse stato solamente il pur bravo Cavour, super citato da Draghi nella relazione: senza Garibaldi non sarebbe successo nulla. La collaborazione difficile fra Cavour e Garibaldi permise la nascita dello Stato Unitario, problematico quanto si vuole. Oggi dobbiamo ricordare la necessità e l’attualità di tutte e due figure portanti dell’Italia unita e non solo una delle due. W l’Italia che rinasce,  che matura e non solo che cresce senza senso.

15 giugno 2011

Un nuovo Risorgimento Italiano

Ultima pagina dal mio libro NOITALIANI, scritta a fine agosto del 2010.

"Spero che nel 2011 si concretizzi una bella coincidenza storica per l’Italia : la celebrazione dei suoi primi 150 anni di vita e un nuovo “Risorgimento”, una “Rinascita”, lenta ma decisa ed evidente, perché NOITALIANI ( uomini e donne, bambini, giovani adulti e anziani, italiani e stranieri o nuovi italiani, settentrionali, centrali, meridionali e isolani), o almeno una buona parte di NOI e credo almeno una buona metà, non possiamo più continuare a “resistere, resistere, resistere” e siamo pronti a “fare, fare, fare” un’Italia migliore, sulla base di alcuni grandi principi e valori, antichi e moderni, adatti al periodo che viviamo ed in particolare in sintonia con una nuova coscienza planetaria, di relazioni e cooperazioni internazionali, per un mondo migliore. È un sogno che nasce dal bisogno: non ne possiamo più e non possiamo più continuare a discutere con chi, singoli e gruppi, partiti e clan, ha ulteriormente sfruttato e rovinato questo Paese, economicamente, socialmente e soprattutto culturalmente e moralmente. Siamo stanchi ma pieni di energie nascoste pronte a mettersi in moto a buoni segnali di rinascita vera, chiara e sincera.  E’ possibile una rinascita italiana “autarchica”, tutta chiusa fra le Alpi e il Mare, o ancor peggio autoridotta alle sponde di un solo fiume, il Po’( che così appare proprio onomatopeicamente e grammaticalmente la contrazione di “Poco”), resasi Isola da Penisola in relazione al continente Europa ed ancor più lontana dagli altri continenti in subbuglio ? E’ possibile invece rinascere come Paese, valorizzando e recuperando alcune caratteristiche positive persistenti, senza isolarsi con uno stupido orgoglio ed anzi puntando proprio sul rilancio della condivisione internazionale dei problemi e sull’offerta delle proprie capacità acquisite storicamente ?  Da Italiani nel Mondo a Italiani del Mondo."

NOITALIANI  ed. Infinito 2010  acquistabile anche on line  www.infinitoedizioni.it

 

Roma 6 aprile 2011

Il DNA del Popolo Italiano

Dal punto di vista genetico non esiste il “Popolo Italiano” : Alberto Piazza, genetista dell'Univ. di Torino, precisa :

"La differenza dei DNA fra due italiani  può essere uguale a quella che c'è fra un italiano ed un asiatico. Essere Italiani ha un senso solo considerando che abbiamo una storia e una cultura italiana derivata da tante altre culture che a loro volta hanno determinato differenze genetiche e non viceversa. Gli studi più recenti sui gruppi sanguigni indicano che non c'è un solo gruppo di antenati degli "italiani".

Piuttosto sono diversi i popoli che hanno vissuto a lungo sulla Penisola e sono i veri responsabili della distribuzione dei geni nei nostri DNA : i Fenici, i Greci, gli antichi Liguri, gli Osco-Piceni, gli Etruschi, i Sardi, i Celti, i Veneti, gli Albanesi, gli Arabi, i Normanni. Di recente si è scoperta l'origine medio orientale degli Etruschi nell'antica Anatolia. Altri popoli non hanno lasciato la loro firma genetica in Italia perché appartenevano ad un gruppo troppo ristretto, come i Latini, da cui poi discesero i Romani. Altri ancora non hanno lasciato tracce sensibili perché sono stati troppo poco tempo nella nostra penisola, come gli Austriaci o gli Spagnoli.

E' in corso comunque una vasta ricerca denominata “Progetto Genoma Italia” : partendo dal DNA di individui i cui cognomi sono ricorrenti fra gli abitanti di ogni provincia italiana, di propone di arrivare ad una mappatura del genoma attuale degli Italiani residenti ( 60 milioni di persone di cui quasi 5 milioni provenienti da quasi tutto il resto del mondo ).

Roma 9 marzo 2011                                        

                     Stranieri              

“Gli Stranieri sanno che la patria non è solo un’entità reperibile su una carta geografica, ma un intreccio di esperienze, come l’amore. Chi è uscito per una volta da questo intreccio di esperienze cercherà invano di tornare a chi o a che cosa amava: non trova più una patria né un’amante ma uno Stato, o una persona che nel frattempo si è ingrassata o ha sposato qualcun altro. Gli Stranieri lo sanno.”   ( pag 31 )

 “Il Questore dava segni evidenti di nervosismo perché in quegli anni ognuno voleva un Permesso di Soggiorno. Alla fine tutti lo ottenevano ma a quel punto i Profughi capivano che il Permesso di Soggiorno italiano non dava ancora il permesso di vivere. Neanche gli italiani per lo più avevano il permesso di vivere benché all’atto stesso della nascita diventassero cittadini con pieni diritti.”  ( pag. 130-1)

“ Tutti comprendevano che nessuno poteva davvero sentirsi a casa ormai in questo mondo.” ( pag. 133)

“ Gli stranieri tengono moltissimo agli accenti ( scritti nelle lingue originarie )….Si vede che non hanno più nulla ormai anzi si sono accorti che senza i loro accenti ( ben segnati ) non sono più quelli che erano prima quando ancora ce li avevano. ….L’accento fa parte delle loro identità ed hanno paura di perderla.”( pag.185 )

“I profughi si comportano come se sapessero ciò che vogliono. Credono di potere ancora determinare il loro destino…..Questa gente non ha più niente da perdere se non la propria identità….. Questi Stranieri diventano particolarmente nervosi non appena capiscono che né il loro nome ne la loro identità hanno più un significato per il mondo. Che a contare è ormai solo il numero della cartella personale solo le impronte digitali. Sono in molti a non accettare questa situazione. Ce ne sono molti che non capiscono perché prendono le loro impronte digitali come se fossero dei criminali, se in fondo sono dei profughi che hanno lasciato la loro patria per questioni di coscienza. E’ probabile che sia colpevole allora l’umanità intera, tutti nessuno escluso e se tutta l’umanità fosse colpevole bisognerebbe prendere le impronte digitali a tutta l’umanità” ( pag. 193-4 )

“Chi ha scelto l’esilio serba a lungo l’illusione di avere il sostegno di una patria ed anzi di beneficiare di una sorta di solidarietà nel Paese straniero in cui si trova. Ma un giorno si sveglia e si accorge di essere completamente solo : è una presa di coscienza pericolosa. La patria abbandonata volontariamente ha smesso per sempre di essere la sua patria perché andandosene l’esule non ha semplicemente varcato un confine ma è uscito da una comunità spirituale di propria volontà. E il mondo in cui è arrivato non lo accetterà mai veramente.” ( pag. 230 )

“I profughi, gli esiliati, i displaced persons, sono i profeti tormentati di una civiltà in decadenza coloro che ad un tratto comprendono di essere i soli, oggi come un tempo, a poter indicare una direzione”    ( pag. 252)

 “ Un giorno bisogna spogliarsi anche della menzogna legata all’identità che ci siamo portati dietro dalla nostra patria. Nel farlo proveremo un grande sollievo ma in quella completa nudità, in quell’impudicizia avvertiamo poi un che di spaventoso. Un giorno sentiremo che la nostra identità vacilla inizia a sgretolarsi e un tale stato di dissociazione, il disgregarsi dell’identità è oggi un sintomo diffuso: milioni e milioni di persone lo vivono ogni giorno in ogni parte del mondo.  Arriviamo con in tasca alcune carte sospette, qualche timbro sulla pelle o sui documenti, delle impronte digitali, diamo un’occhiata in giro, nel nuovo continente, cominciamo a sistemarci, affittiamo stanze, ci inseriamo nel nuovo paese, acquisiamo un nuovo nome o soprannome, familiarizziamo con i sapori delle nuove pietanze, impariamo a salutare e a parlare in modo diverso con lingue diverse,  insomma partecipiamo alla vita di un paese straniero e nel frattempo di notte da soli o fra estranei, veniamo presi da uno sgomento tale da esser costretti a chiuderci la bocca con la mano perché abbiamo paura di crepare di terrore perché capiamo che la nostra identità, tutto ciò che credevamo di essere si sta dissolvendo e allo stesso tempo che l’altra identità, la prima, ciò che eravamo nel  nostro paese, per quanto fasulla e presa in prestito, faceva parte di  noi. Questo processo di spoliazione dura a lungo ed alla fine si è nudi. Abbiamo nuovi documenti forse un biglietto da visita ma si tratta soltanto di un’ulteriore nudità. Così perdiamo la nostra identità goccia a goccia come se stessimo morendo dissanguati in un deserto. Non esistono possibilità di fuga. Cerchiamo di essere buoni patrioti nel nuovo paese, più patrioti di coloro che in quel paese vivono da generazioni, sventoliamo le bandiere, agitiamo i documenti che testimoniano la nuova cittadinanza, alcuni di noi votano persino, e durante le elezioni nel nuovo paese facciamo propaganda come se avessimo chissà quale legame con quanto accade nel paese straniero come se ci avessero davvero accettati e non fossimo solamente sopportati. E intanto siamo sempre più nudi e sempre più apolidi.” ( pag 283-4 )

“ Quando si lascia una patria si lasciano tutte le patrie possibili. Nessun documento rilasciato da qualsiasi paese del mondo può servire: possiamo essere cittadini, contribuenti, lavoratori… ma non saremo più davvero noi stessi, non avremo più un’identità.”  ( pag 285-7 )

( citazioni da “Il sangue di San Gennaro” 1957 di Sandor Marai  ed. Adelphi 2010 )

Il pessimismo dell’ungherese Marai esiliato in Italia a Napoli dal 1948 al 1952, è ancora valido, esprime momenti di grandi e drammatiche verità oppure oggi gli esili e le migrazioni vivono condizioni diverse e nuove possibilità di convivenza e mescolanza ?

 

                                                             <b>Il volto dell'antenato<br/>ecco l'antico europeo</b>

Da La Repubblica del 5 maggio 2009

Il volto dell'antenato :
ecco l'antico Europeo

Ricostruite da un artista esperto di medicina legale le sembianze di un uomo vissuto 35 mila anni fa. I tratti sono già simili ai nostri.

 di SARA FICOCELLI

Gli europei di 35mila anni fa non erano bellissimi ma avevano un volto simile al nostro: occhi grandi, labbra carnose, zigomi alti. La ricostruzione facciale del nostro antenato è stata fatta da un esperto, l'artista forense Richard Neave, che partendo da una calotta cranica e una mandibola ritrovati nelle foreste dei Carpazi è riuscito a dare una forma a un pezzo di Storia. Non sappiamo se le ossa appartenessero a un maschio o a una femmina, quel che è sicuro è che questo essere umano abitava le foreste dell'attuale Romania 35mila anni fa. I resti sono stati trovati fra il 2002 e il 2003 nella caverna di Pestera cu Oase, usata dagli orsi per andare in letargo, e gli esperti hanno capito subito di trovarsi di fronte a un parente degli ominidi africani. Questa una delle ragioni per cui, nella ricostruzione, alla pelle è stata data una colorazione olivastra, con il naso schiacciato e largo alla base, caratteristico dei primi uomini comparsi in Africa.

La ricostruzione della fisionomia a partire dalle ossa è una tecnica già tentata nel XIX secolo e introdotta nel campo dell'archeologia dal russo Mikhail Gerasimov, che tentò anche di ricostruire il volto di Ivan il terribile. In seguito la tecnica si è perfezionata e oggi viene utilizzata nel campo della medicina forense. Richard A. H. Neave è un illustratore medico dell'università di Manchester ed ha al suo attivo ricostruzioni celebri come il volto di Filippo II di Macedonia, il padre di Alessandro Magno, realizzato partendo dai resti parzialmente cremati rinvenuti nella tomba reale di Vergina, o quello di una dama etrusca, Seianti Hanunia Tlesnana, il cui scheletro era racchiuso nel sarcofago conservato al British Museum.

"La tecnica - spiega il professor Raffaele C. de Marinis, ordinario di Preistoria e Protostoria all'università di Milano e presidente dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze - consiste nell'aggiungere progressivamente su un calco del cranio tutti i muscoli e i tessuti molli, calcolandone preventivamente lo spessore. Ovviamente non può produrre un vero ritratto, che dipende da tutte le particolarità di un volto. Ma la ricostruzione operata da un esperto di così chiara fama va considerata attendibile".

Il volto del "primo uomo moderno" adesso sta sulla scrivania dell'antropologa dell'università di Bristol Alice Roberts, in attesa di essere mostrato al grande pubblico dalla BBC: "Non somiglia - spiega la Roberts - né a quello di un europeo, né di un asiatico o di un africano. Direi che si tratta di un misto delle loro caratteristiche". Fra i 34mila e i 36mila anni fa l'Europa è stata occupata sia dagli ultimi neanderthaliani, che qui ha abitato per circa 100mila anni, che dall'Homo Sapiens, migrato dall'Africa passando per il vicino Oriente.

Con i suoi molari larghissimi, l'uomo europeo di quel periodo potrebbe essere stato, secondo gli esperti, uno dei primi rappresentanti dell'Homo Sapiens e quindi dell'uomo moderno. "I resti umani rinvenuti nella caverna di Pestera cu Oase - conclude de Marinis - risalgono a 35.200 anni fa e sono quindi i più antichi d'Europa, sicuramente datati e contemporanei dell'uomo di Neandertal". Questi è scomparso dal vecchio continente circa 30mila anni fa per cause controverse. I primi resti sono stati trovati in Germania, nella valle di Neander, nel 1856: era un uomo dai comportamenti sociali evoluti ma non ha lasciato alcuna testimonianza artistica dietro di sé, se non molto elementare.

Il Sapiens invece è giunto in Europa circa 40mila anni fa ed è stato in competizione con quello di Neanderthal per 10mila anni, senza però mescolarvisi. Oltre che un grande cacciatore, è stato l'inventore di un alimento alla base di tutte le culture umane, la farina, che oltre 30mila anni fa veniva ricavata da piante selvatiche. Questa scoperta è stata fatta a Bilancino, in provincia di Firenze, grazie a un progetto di ricerca dell'Istututo Italiano di Storia e Protostoria. "Finora si è sempre pensato - spiega la paletnologa Anna Revedin, che ha seguito lo studio - che i nostri antenati del paleolitico avessero un'alimentazione basata unicamente sulla caccia, mentre invece era già completa e complessa: la farina è un alimento che si può conservare e che in periodi difficili dava loro la possibilità di assimilare i nutrimenti necessari". I primi resti dell'Homo Sapiens sono stati trovati nel 1868 nella regione della Dordogne, in Francia, e ribattezzati "uomo di Cro-Magnon". A differenza di quello di Neanderthal, questo antenato lasciò dipinti rupestri, dimostrando una certa sensibilità artistica. L'uomo moderno era ormai arrivato in Europa.

 

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OBAMA E L'ITALIA

Obama a Berlino il 25 luglio 2008 - FotoPAGI

Nelson Mandela 

5 novembre 2008

“Dopo la vittoria di Obama ogni persona, in qualunque paese,

potrà sognare di cambiare il mondo

affinché diventi un pianeta migliore”

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                                                          Roma 25 gennaio 2009                      

 

Per un discorso di un possibile nuovo Presidente della Repubblica Italiano ( e/o Primo M. ).

( sulla base del Discorso del Presidente Obama del 20.1.09 )

a cura di Gianguido PAGI Palumbo

 

Oggi mi trovo di fronte a voi, umile per il compito che mi aspetta, grato per la fiducia che mi avete accordato, cosciente dei sacrifici compiuti dagli Italiani lungo la storia del nostro Paese fin dalla sua nascita.

Prima di me oggi, decine di Presidenti hanno pronunciato questo giuramento. Queste parole sono risuonate in tempi di alte maree di prosperità e di calme acque di pace. Ma spesso il giuramento è stato pronunciato nel mezzo di grandi temporali e terremoti. In quei momenti, l’Italia è andata avanti non solo grazie alla bravura o alla capacità di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma grazie al fatto che Noi, il Popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali e alla nostra Carta fondamentali : La Costituzione Repubblicana elaborata nel 1947.

Così è stato finora. Così deve essere per questa generazione di Italiani.

E' ormai ben chiaro che ci troviamo nel mezzo di una crisi.

Il nostro Paese è coinvolto in un impegno internazionale contro una rete di violenza e di odio che arriva lontano. La nostra economia si è fortemente indebolita, conseguenza della grettezza e dell'irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di compiere scelte difficili e prepararci ad una nuova epoca.

C'è chi non ha casa o la sta perdendo. Sono stati cancellati migliaia di posti di lavoro e troppi sono precari o lavorano in nero. Imprese sono sparite. La Criminalità Organizzata è arrivata ad un insopportabile grado di potenza economica e controllo territoriale. L’illegalità e la corruzione sono giunte ad un livello insopportabile e dannoso strutturalmente. Le nostre scuole e le nostre università sono assolutamente vecchie e inadeguate. Il nostro servizio sanitario è troppo costoso e spesso inefficiente. E ogni giorno porta nuove prove del fatto che il modo in cui usiamo le risorse energetiche minaccia il nostro pianeta quando invece le nostre potenzialità naturali climatiche ci permetterebbero di essere all’avanguardia per lo sfruttamento delle energie rinnovabili.

Questi sono gli indicatori della crisi, soggetti ad analisi statistiche e dati. Meno misurabile ma non meno profonda invece è la perdita di fiducia che attraversa la nostra Penisola - un timore fastidioso che il declino italiano sia inevitabile e la prossima generazione debba avere aspettative più basse.

Oggi vi dico che le sfide che abbiamo di fronte sono reali. Sono serie e sono numerose. Affrontarle non sarà cosa facile né rapida. Ma Italiani, Italiane, sappiatelo: le affronteremo.

Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l'unità degli intenti rispetto al conflitto e alla discordia.

Oggi siamo qui per proclamare la fine delle recriminazioni meschine e delle false promesse, dei dogmi stanchi, che troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

Siamo una nazione ancora giovane rispetto ad altre, ma è arrivato il momento di mettere da parte gli infantilismi. E' venuto il momento di riaffermare il nostro spirito di riscatto, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quell'idea nobile, passata di generazione in generazione, che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza.

Nel riaffermare l’importanza e la particolarità storica del nostro Paese, ci rendiamo conto che questo riconoscimento orgoglioso di importanza non è mai scontato. Bisogna guadagnarselo. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie, non ci siamo mai accontentati. Non è mai stato un sentiero per incerti, per quelli che preferiscono il divertimento al lavoro, o che cercano solo i piaceri dei ricchi e la fama.

Sono stati invece coloro che hanno saputo osare e inventare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso il benessere e la libertà.

Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato anche gli oceani e le frontiere in cerca di una nuova vita.

Per noi, hanno faticato in aziende che li sfruttavano. Hanno sopportato soprusi di ogni tipo e lavori indecenti.
Per noi, hanno combattuto e sono morti, in molti fronti di guerra. Questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato per permettere a noi di vivere una vita migliore. Hanno visto nell’Italia che andava crescendo qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione.

Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo uno dei Paesi più ricchi di storia, di cultura e di bellezza. del mondo. I nostri lavoratori-trici non sono meno produttivi rispetto a quando è cominciata la crisi. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari di quanto lo fossero la settimana scorsa, o il mese scorso o l'anno scorso. Le nostre capacità e potenzialità rimangono inalterate. Ma è di certo passato il tempo dell'immobilismo,

della protezione di interessi ristretti e del rinvio di decisioni spiacevoli. A partire da oggi,

dobbiamo reagire, scrollarci sfiducia e pessimismo e ricominciare il lavoro della rinascita dell’Italia che amiamo.

Perché ovunque volgiamo lo sguardo, c'è lavoro da fare. Lo stato dell'economia richiede un'azione, forte e rapida, e noi agiremo - non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le nuova fondamenta della crescita.

Costruiremo nuove strade,  infrastrutture, reti  e linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell'assistenza sanitaria e abbassarne i costi.

Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.
E trasformeremo le nostre scuole e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo.

Ora, ci sono alcuni che contestano le dimensioni delle nostre ambizioni - pensando che il nostro sistema non può tollerare troppi grandi progetti. Costoro hanno corta memoria. Perché dimenticano quel che questo paese ha già fatto. Quel che uomini e donne possono ottenere quando l'immaginazione si unisce alla volontà comune, e la necessità al coraggio.

Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreno gli è scivolato sotto i piedi. Gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non sono più applicabili.

La domanda che formuliamo oggi non è se il nostro Governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funzioni o meno - se aiuti le famiglie a trovare un lavoro decentemente pagato, cure accessibili, una pensione degna. Laddove la risposta sia positiva, noi intendiamo andare avanti. Dove sia negativa, metteremo fine a quelle politiche.

E coloro che gestiscono i soldi della collettività saranno chiamati a risponderne, affinché spendano in modo saggio, riformino le cattive abitudini, e facciano i loro affari alla luce del sole - perché solo allora potremo restaurare la vitale fiducia tra il popolo e il suo governo.

La questione di fronte a noi non è se il mercato sia una forza del bene o del male. Il suo potere di generare benessere ed espandere la libertà è rimasto intatto. Ma la crisi ci ricorda che senza un occhio rigoroso, il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato favorisce solo i già ricchi. Il successo della nostra economia è sempre dipeso non solo dalle dimensioni del nostro Pil, ma dall'ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità per tutti coloro che abbiano volontà - non per fare beneficenza ma perché è la strada più sicura per il nostro bene comune.

Quanto alla nostra difesa comune, noi respingiamo come falsa la scelta tra sicurezza e ideali. I nostri padri e le nostre madri Costituenti, messi di fronte alla necessità della ricostruzione di un Paese stremato dalla Guerra, hanno stilato una Carta Costituzionale che garantisca l'autorità della legge e i diritti dell'individuo. Quegli ideali hanno ancora un grande valore, e noi non vi rinunceremo in nome di qualche espediente. E così, per tutti i popoli e i governi che ci guardano oggi, dalle più grandi capitali al piccolo paesino: sappiate che l’Italia vuole essere amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità, e che noi siamo pronti a dialogare e collaborare ancora una volta.

Ricordiamoci che le precedenti generazioni hanno superato positivamente grandi sfide storiche non solo con le armi e ma soprattutto con alleanze  e convinzioni. Hanno capito che il potere da solo non può proteggerci, né ci autorizza a fare come più ci aggrada. Al contrario, sapevano che il nostro eventuale potere cresce quanto più lo si usa con prudenza. La nostra sicurezza emana dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell'umiltà e del ritegno.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta dai principi, possiamo affrontare le nuove minacce che richiederanno sforzi ancora maggiori - una cooperazione e comprensione ancora maggiori tra le nazioni. Collaboreremo con la Comunità Internazionale per creare vere condizioni di pace e rinascita sia in Iraq che in Afghanistan. Lavoreremo senza sosta per contribuire a far diminuire la minaccia nucleare, e respingere lo spettro di un pianeta che si surriscalda.

E a coloro che cercano di raggiungere i propri obiettivi creando terrore e massacrando gli innocenti, noi diciamo adesso che il nostro spirito è più forte e non può essere infranto. Voi non ci sopravviverete, e noi vi sconfiggeremo tutti insieme.

Perché noi sappiamo che la nostra storia di Popolo nato e cresciuto dall’incrocio di grandi culture mediterranee e nord europee è una forza e non una debolezza. Noi siamo un Paese soprattutto di cattolici, in parte di ebrei, di non credenti, ma oggi anche in parte di musulmani.

Noi non possiamo far altro che avere fiducia che le incomprensioni, i nuovi razzismi passeranno, che i localismi saranno superati, che il mondo si è rimpicciolito e la nostra comune umanità dovrà riscoprire se stessa e l’Italia deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace.

Per gli importanti e delicati rapporti con il mondo musulmano noi suggeriamo una strada, basata sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto. A quei leader in giro per il mondo che cercano di fomentare conflitti o scaricano sull'Occidente i mali delle loro società - sappiate che i vostri popoli vi giudicheranno su quello che sapete costruire, non su quello che distruggete.

A quelli che arrivano al potere attraverso la corruzione e la disonestà e mettendo a tacere il dissenso, sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che siamo pronti a riconoscere la vostra eventuale decisione di cambiare vita.
Alla gente dei Paesi più poveri e in difficoltà, noi promettiamo di lavorare insieme per far fiorire le vostre campagne e per pulire i vostri corsi d'acqua; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quei Paesi, come il nostro che godono di una relativa ricchezza, noi diciamo che non si può più sopportare l'indifferenza verso chi soffre fuori dai nostri confini; né noi possiamo continuare a consumare le risorse del mondo senza considerare gli effetti.

 

Perché il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso.

Se consideriamo la strada che si apre davanti a noi, noi dobbiamo ricordare con umile gratitudine quegli Italiani e Italiane che, proprio in queste ore, controllano lontani deserti e montagne. Essi hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli eroi caduti che giacciono mormorano attraverso il tempo. Noi li onoriamo non solo perché sono guardiani della libertà, ma perché essi incarnano lo spirito di servizio: una volontà di trovare significato in qualcosa più grande di loro. In questo momento - un momento che definirà una generazione - è precisamente questo lo spirito che deve abitare in tutti noi.

Per tanto che un Governo possa e debba fare, alla fine è sulla originalità, la creatività, la generosità del Popolo Italiano che questo Paese si fonda. E' la gentilezza nell'accogliere uno straniero quando ne ha bisogno, la generosità dei lavoratori che preferiscono tagliare il proprio orario di lavoro piuttosto che vedere un amico perdere il posto, che ci hanno guidato nei nostri momenti più oscuri. E' il coraggio di migliaia di Volontari durante i numerosi terremoti , alluvioni o emergenze straordinarie, ma anche la volontà di un genitore di far crescere i propri figli e figlie, che alla fine decidono del nostro destino.

Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i valori da cui dipende il nostro successo – lavoro, creatività, curiosità, tolleranza, generosità - tutto questo sembra vecchio ma sono verità. Sono state la forza del progresso nel corso di tutta la nostra storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità.

 

Quel che ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità - il riconoscimento, da parte di ogni cittadino-a, che abbiamo un dovere verso noi stessi, il nostro Paese, il mondo, doveri che non dobbiamo accettare mugugnando ma abbracciare con gioia, fermi nella consapevolezza che non c'è nulla di più soddisfacente per lo spirito, così importante per la definizione del carattere, che darsi completamente per una causa difficile.

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.

Facciamo sì che i figli dei nostri figli dicano che quando siamo stati messi alla prova non abbiamo permesso che questo viaggio finisse, che non abbiamo voltato le spalle e non siamo caduti e abbiamo portato avanti la conquista della libertà e l'abbiamo consegnata alle generazioni future.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

Foto e testi di Gianguido PAGI Palumbo
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